La mia vita è cambiata da quando sono diventata mamma... Allora mi sono detta: "deve cambiare anche il mio blog!". E questo è quello che ne è saltato fuori!

martedì 29 maggio 2007

IL CACCIATORE DI AQUILONI

Sono diventato la persona che sono oggi all'età di dodici anni, in una gelida giornata invernale del 1975. Ricordo il momento preciso: ero accovacciato dietro un muro di argilla mezzo diroccato e sbirciavo di nascosto nel vicolo lungo il torrente ghiacciato. È stato tanto tempo fa. Ma non è vero, come dicono molti, che si può seppellire il passato. Il passato si aggrappa con i suoi artigli al presente. Sono ventisei anni che sbircio di nascosto in quel vicolo deserto. Oggi me ne rendo conto.

Il cacciatore di aquiloni è il primo romanzo di Khaled Hosseini, americano di origine afghana.
Il libro narra la storia di Amir, un ragazzo afgano pashtun di Kabul e del suo senso di colpa per aver tradito il suo amico d'infanzia, Hassan, figlio del suo servo hazara. Sullo sfondo della trama principale ci sono molti eventi storici, come la caduta della monarchia, l'invasione russa, l'esodo di massa verso il Pakistan e il regime talebano.
La storia dell'Afghanistan degli ultimi decenni è una storia terribile, fosca e tragica, un puzzle d'orrori composto con le tessere di vite spezzate, di esistenze straziate ed umiliate, di infanzie rubate. Il cacciatore di aquiloni parte da una metafora splendida: c'è stato un tempo in cui nei cieli di Kabul volavano gli aquiloni (sport nazionale afghano), le cui eleganti evoluzioni rappresentavano la libertà del paese. Poi gli aquiloni non volarono più: era iniziata la tremenda odissea del popolo afghano.
L'arrivo dei russi a Kabul porterà alla separazione dei due ragazzi: Amir e suo padre Baba fuggiranno in America, Alì e suo figlio Hassan resteranno in Afghanistan.
Dopo venticinque anni Amir ha realizzato il suo sogno: è diventato uno scrittore, si è sposato e vive nella sua casa di San Francisco. Ma a sollevare le nebbie faticosamente accumulate su un passato scomodo ci pensa una telefonata dall'Afghanistan, che non gli lascia scelta: lasciandosi alle spalle la viltà di cui si è accusato per tutta la vita, parte alla volta di Kabul per cercare Sohrab, il figlio di Hassan ucciso dai Talebani.
Ad attenderlo a Kabul non ci sono solo i fantasmi del passato: quello che trent'anni prima era il suo paese ora è una landa desolata in cui vagano donne invisibili, dove i marciapiedi sono carichi di relitti umani ammassati gli uni sugli altri, dove avere un padre od un fratello maggiore è un lusso dopo gli stermini talebani, dove gli occhi della gente restano incollati al selciato per timore di incrociare fatalmente lo sguardo sbagliato, dove gli aquiloni non volano più...
Drammatico e toccante, in particolare nelle pagine che raccontano appunto del ritorno, il cacciatore di aquiloni è una storia d'amicizia, di separazione forzata, causata da eventi fuori dal controllo del singolo, dove la svolta è rappresentata dalla chiamata del destino che forza uno dei protagonisti a scavare nel proprio passato per riabbracciare la propria infanzia, anche se non di persona ma attraverso qualcosa o qualcuno che la rappresenta... Hosseini scrive in modo magico, in grado di stregare il lettore, di incollarlo alle sue pagine vivendo in prima persona i travagli interiori di Amir, sentendo fischiare i proiettili russi prima e talebani poi sopra alla propria testa, ritrovandosi il viso rigato di lacrime al primo sorriso che Sohrab gli rivolge.
Non solo un romanzo, ma un vero incantesimo sotto il cielo d'Oriente!

martedì 15 maggio 2007

IL LIBRAIO DI KABUL

Questo racconto appassionato è una testimonianza vera che mi ha fatto molto riflettere. L'autrice, con delicatezza e lucido tono cronistico ha sollevato il velo che copre la quotidianità di una famiglia afgana. Non una famiglia afgana qualunque: come dice la stessa Asne Seierstad la famiglia di Sultan non è la tipica famiglia che vive in un paese squassato dalla guerra e che tenta una faticosa ricostruzione.
Questa è una famiglia borghese, se di borghesia si può parlare in un paese come l'Afghanistan. Sultan è l'ultimo venditore di libri rimasto a Kabul, una città devastata dalla guerra e che fatica a riprendersi la libertà che il regime talebano ha cercato di annientare.
E' affascinante cercare di comprendere questo personaggio in bilico tra tra più ferrea osservazione della tradizione islamica e il rivendicare il diritto alla libertà intellettuale che gli è costata anche la reclusione in carcere.
La giornalista svedese durante la sua permanenza a Kabul, ha potuto godere di un punto di vista privilegiato: in quanto donna ha avuto accesso all'intimità della vita domestica delle donne che compongono la famiglia del libraio; poiché occidentale ha potuto muoversi anche nel mondo maschile, quasi del tutto precluso alle donne, ancora oggi.
Il libro è anche, forse soprattutto, un racconto della condizione femminile nella società islamica: i matrimoni combinati, l'impossibilità di scelta, la severità delle punizioni. Ma non è una denuncia violenta di questa condizione, agli occhi di noi occidentali incomprensibile: è piuttosto il racconto della rassegnazione con cui le donne vivono questa condizione, timorose di usufruire anche di quelle minime libertà a cui avrebbero diritto oggi, dopo la caduta del regime instaurato dagli studenti fondamentalisti. Come ad esempio togliere il burka, che però, forse è l'unica protezione che hanno verso un mondo a loro ostile.
Il racconto della prima primavera di Kabul è il racconto di una città che tenta di lasciarsi l'inverno alle spalle, ma che sa che per rifiorire dovrà ancora mangiare la polvere che turbina nelle strade e si infila nelle case della città.

sabato 5 maggio 2007

IL PICCOLO PRINCIPE

La favola di Antoine de Saint-Exupéry è una testimonianza di educazione sentimentale: ogni parola rimanda a un che di poetico che accompagna il lettore in questa avventura fantastica tra asteroidi e deserti.
Il Piccolo Principe è un bambino che non risponde alle domande: si limita ad arrossire. E, siccome non risponde alle domande, non si sa la sua età, ma è la rappresentazione dell'infanzia perduta, dell'ingenuità pura di un bambino, che "vede col cuore" perché "l'essenziale è invisibile agli occhi".
Il mondo da cui proviene il Piccolo Principe è un mondo meraviglioso, fatto di poche cose ma tutte importanti. la sua rosa, i suoi vulcani, i quarantatre tramonti in un giorno solo...
Ma il Piccolo Principe, come tutti i bambini, deve lasciare la sua piccola stella, per seguire la conoscenza, come succede al bambini che devono andare a scuola. Così intraprende un lungo viaggio che lo porta alla scoperta di altri pianeti, abitati da personaggi bizzarri, come lo sono tutti gli adulti agli occhi di un bambino. C'è il re che trova uno scopo alla sua esistenza nel comandare,anche se sul suo pianeta c'è soltanto lui; c' il vanitoso che si accorge degli altri solo se lo ammirano, c'è l'uomo d'affari che passa il tempo a contare le stelle, convinto che così gli appartengano...
E poi, alla fine, il Piccolo Principe approda sulla Terra. Qui impara tante cose, grazie a nuovi incontri: il serpente gli spiega che certe volte ciò che sembra un male, in realtà serve a fare del bene, quindi non è più male; l'incontro con la volpe gli insegna che ogni amicizia è un dono.
Alla fine, dopo un anno trascorso sulla Terra, per il Piccolo Principe è giunto il momento di tornare al suo asteroide: la nostalgia per la rosa si è fatta troppo forte e lei, ha bisogno di lui per proteggersi dal mondo ostile.
Così, il Piccolo Principe, con l'aiuto del serpente, si sbarazza del suo corpo: Non ci fu che un guizzo giallo vicino alla sua caviglia. Rimase immobile per un istante. Non gridò. Cadde dolcemente come cade un albero. Non fece neppure rumore sulla sabbia. Libero di tornare dalla rosa di cui è responsabile.



L'incontro con la volpe credo sia una delle pagine di maggior poesia...
- Vedi, laggiù in fondo, dei campi di grano? Io non mangio il pane e il grano, per me è inutile. i campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! ma tu hai i capelli color dell'oro. allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato.Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano...
La volpe tacque a guardò a lungo il Piccolo Principe:
- Per favore...addomesticami
- Volentieri, rispose il Piccolo Principe, - ma non ho molto tempo, però. Ho da scoprire degli amici, e da conoscere molte cose.
- Non si conoscono che le cose che si addomesticano, disse la volpe. - Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!