Sabato 4 agosto in un'Arena gremita, come di consuetudine, per l'occasione, è andata in scena la prima della Traviata, con la regia dissacratoria di Graham Vick. L'allestimento di quest'anno si era già visto nella città scaligera in occasione del festival del 2004, e come allora, anche quest'anno una buona parte del pubblico non ha apprezzato le scelte provocatorie del regista. In particolare, oltre alla scenografia rutilante, non priva di riferimenti alla vogarità contemporanea, poco felice è stata la scelta di innalzare un enorme cuore rosso che rendeva difficile la visuale, soprattutto per il pubblico delle gradinate.
Dopo il duetto del primo atto le proteste che già serpeggiavano si sono tramutate in un coro di "a casa!" e "vergogna!" all'indirizzo del regista. L'orchestra non riusciva a riprendere l'esecuzione e la povera soprano sola sul proscenio non ha potuto far altro che aspettare che per lo meno la scenografia fosse un po' abbassata, in modo da rendere migliore la visuale.
Anche il resto delle scene sono state all'altezza delle aspettative di chi (pochi!) si aspettava una Traviata cinica e contemporanea. Violetta Valery, donna di facili costumi (in fondo, nonostante la beatificazione che ha subito la Signora delle camelie nel corso del Novecento, ricordiamoci che lo stesso Verdi disse che "una puttana rimane una puttana"), si muove in una sorta di circo mediatico: il suo è un mondo dove sesso e soldi e perversioni predominano, insomma un mondo fatto di lustrini e superficialità, dove la volgarità dilaga e dei valori morali non rimane che da salvare la facciata.
Le scene di massa sono l'apice di questa Traviata che ben si addice all'era di vallettopoli: le feste sfrenate sono all'insegna dell'alcol e dei soldi, i vestiti esagerati, il tutto sotto i flash dei paparazzi. Il kitsch dilaga volutamente, a volta prorompe sulla scena, come nel caso della bambolona bionda gigante e del ventaglio con le carte, dove le regine sono donnine nude, che trasforma il salotto di Flora in un casino di Las Vegas.
La Travita, seppur dissacratoria, resta pur sempre un melodramma borghese, intrecciato di emozioni e commozione, ma purtroppo questo aspetto si è perso nella cinica visione di Vick, lasciando una sensazione di gelido distacco anche nel pubblico.
Da un punto di vista tecnico , la direzione musicale di Julian Kovatchev è stata un po' generica, priva di slanci espressivi, nonstante il ritmo sfrenato dell'insieme.
Inva Mula è stata una Violetta senza infamia e senza lode, con anche dei bei momenti di limpidezza vocale ed una voce sicuramente matura e sensuale. A sua discolpa c'è da dire che la tensione provocata dalle proteste del pubblico proprio prima dellua sua scena in chiusura del primo atto (è strano, è strano, in core ho scolpiti quegli accenti...Follie, follie! Sempre libera...), non l'ha certamente aiutata a superare l'ansia della prima.
Bravo Roberto Aronica, un Alfredo squillante e volitivo.
Bravissimo Ambrogio Maestri alias Germont, elegante nel fraseggio e capace di rendere il senso del melodramma del grande Giuseppe Verdi.
Deludente il finale, almeno per me: Violetta che morente abbandona la scena dopo aver lasciato cadere un mazzo di fiori, (su un già folto tappeto di fiori, che ricorda i funerali di Lady D!) invece che spirare tra le braccia di Alfredo, proprio non ci sta: insomma, almeno all'opera un po' di sano tradizionalismo ci vuole, se non nel complesso della regia, almeno in alcuni passagi obbligati dal punto di vista recitativo!
Alla fine grandi applausi per i cantanti, fischi e non solo per Graham Vick che a ottobre porterà la sua Traviata in Inghilterra...ma secondo me avrebbe più successo a Broadway!