Lunedì sono andata al cinema con un'amica.
Premetto che io non amo molto andare al cinema, perché sono un'anima pigra. Così preferisco aspettare che escano i dvd e mi godo il film crogiolandomi sul divano di casa, circondata da cioccolatini e sigarette.
Però questa volta meritava davvero. Sarà anche che sono una fanatica del primo film della serie, Il silenzio degli innocenti, ma sono restata letteralmente col sospiro sospeso per circa due ore. Avendo già letto il romanzo di Thomas Harris, mi aspettavo una versione un po' semplicistica, cruda e con tanto spargimento di sangue. Invece, anche se non mancano scene un po' cruente, non si arriva mai all'esasperazione, che provocherebbe un senso di nausea.
Premetto che io non amo molto andare al cinema, perché sono un'anima pigra. Così preferisco aspettare che escano i dvd e mi godo il film crogiolandomi sul divano di casa, circondata da cioccolatini e sigarette.
Però questa volta meritava davvero. Sarà anche che sono una fanatica del primo film della serie, Il silenzio degli innocenti, ma sono restata letteralmente col sospiro sospeso per circa due ore. Avendo già letto il romanzo di Thomas Harris, mi aspettavo una versione un po' semplicistica, cruda e con tanto spargimento di sangue. Invece, anche se non mancano scene un po' cruente, non si arriva mai all'esasperazione, che provocherebbe un senso di nausea.
Invece, nel narrare l'infanzia di Hannibal Lecter, le tragiche vicende che vedono coinvolti lui e la sua famiglia durante la Seconda Guerra Mondiale e poi, ancora, la sua adolescenza a Parigi, il gioco psicologico in cui si è coinvolti, è molto sottile. In alcuni momenti mi sono sentita quasi solidale con l'assassino. Insomma, chi, avendo vissuto gli orrori che lui ha attraversato, sarebbe ancora sano di mente?
L'uso sapiente del montaggio alternato, permette di non perdere mai qual'è l'elemento di riferimento per quella determinata azione. Forse l'unico appunto che si può fare alla sceneggiatura, soprattutto nella seconda parte del film, è il fatto di risolvere la sottile psicologia del giovane assassino in una questione di tecnica omicida.
Ho trovato davvero intensa e credibile l'interpretazione di Gaspar Ulliel, che interpreta il giovane dottor Lecter. Dal suo modo di osservare i disegni di teste e teschi, di cui sono circondate le pareti della sua stanza, emerge tutta la disperazione, la rabbia e la violenza che si porta dentro. Anche nel suo ostentato e sadico cinismo, nella sua dialettica sarcastica e persuasiva, il protagonista lascia sempre trasparire il suo dramma, quasi un'inconscia richiesta d'aiuto, per non lasciarsi sopraffare completamente dal mostro che è già diventato.
Credo che questo film dia una risposta a quanti si chiedevano: "perchè Hannibal Lecter è diventato un mostro?". Soprattutto è il primo film della saga in cui il dottor Lecter è il protagonista e, questa volta, si cerca di porsi nella sua prospettiva. Insomma, si tratta di un viaggio nella memoria di uno dei più terribili assassini mai proposti dalla letteratura e dal cinema. Ma per quanto il viaggio sia anche affascinante, occorre tenere a mente il monito dello stesso dottor Lecter: "la memoria e come un coltello, ti potrebbe ferire".
A me è rimasta una domanda: senza diventare per forza dei killer antropofagi, siamo sicuri che il perdono sia sempre la miglior vendetta?
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