La mia vita è cambiata da quando sono diventata mamma... Allora mi sono detta: "deve cambiare anche il mio blog!". E questo è quello che ne è saltato fuori!

martedì 19 gennaio 2010

ARTEMISIA: PASSIONE ESTREMA

Per riprendere a scrivere su queste pagine, ho deciso di "raccontare" un personaggio che a me piace molto, come donna ecome artista:Artemisia Gentileschi.
Artemisia fu una donna che osò andare contro le convenzioni del suo tempo, che seppe crearsi una carriera, ottenne riconoscimenti in un ambiente prettamente maschile e maschilista.
Artemisia Gentileschi è una delle poche protagoniste femminili della Storia dell'arte europea. Ma è anche la protagonista di una torbida vicenda a tinte fosche o, per meglio dire, "caravaggesche", infarcita di elementi sentimentali, erotici, patetici e fantastici, in una brillante fusione romanzesca; insomma Artemisia è la protagonista ideale del romanzo ideale (e infatti svariati romanzi e film si sono ispirati alla sua vita). Certamente la carriera artistica (come qualsiasi altra carriera) era in quell'epoca pressoché impraticabile per le donne, costrette nei limiti che la società imponeva loro: limiti di natura culturale, ovvero assenza pressoché totale di una preparazione scolastica, e familiare. Artemisia Gentileschi, che ebbe modo di fare fruttare il suo talento, è stata una delle poche donne sfuggite tra le maglie di questo rigidissimo sistema sociale, tuttavia la sua sofferta vicenda privata si è spesso sovrapposta a quella di pittrice. Negli anni Settanta del secolo scorso, la sua popolarità ha raggiunto il vertice soprattutto per via della vicenda che la vide accusare il suo violentatore (al punto da sottoporsi allo schiacciamento dei pollici, la coseddetta sibilla, per confermare l'attendibilità delle sue accuse, cosa che per lei, pittrice, non dovette essere solo un dolore fisico). Artemisia è divenuta così il simbolo del femminismo e del desiderio di ribellarsi al potere maschile: tuttavia questo fatto le fece un grande torto: l'avere spostato l'attenzione sulla vicenda dello stupro, mettendo in ombra i suoi meriti professionali, ormai ampiamente riconosciuti dalla critica.
Vissuta durante la prima metà del XVII, riprese dal padre Orazio il limpido rigore disegnativo, innestandovi una forte accentuazione drammatica ripresa dalle opere del Caravaggio, caricata di effetti teatrali; stile che contribuì alla diffusione del caravaggismo a Napoli, città in cui si era trasferita dal 1630. Nata a Roma nel 1593, Artemisia mostrò ben presto un talento precoce, che venne nutrito dallo stimolante ambiente romano e dal fermento artistico che gravitava intorno alla sua casa, frequentata assiduamente da altri pittori, amici e colleghi del padre. La prima opera attribuita alla diciassettenne Artemisia è la Susanna e i vecchioni del 161o. La tela lascia intravedere come, sotto la guida paterna, Artemisia, oltre ad assimilare il realismo del Caravaggio, non sia indifferente al linguaggio della scuola bolognese, che aveva preso le mosse da Annibale Carracci. Per la critica è stato impossibile non associare la pressione esercitata dai due vecchioni su Susanna al complesso rapporto di Artemisia con il padre e con Agostino Tassi, il pittore che nel 1611 la stuprò. Il padre denunciò il Tassi che dopo la violenza, non aveva potuto "rimediare" con un matrimonio riparatore. Del processo che ne seguì è rimasta esauriente testimonianza documentale, che colpisce per la crudezza del resoconto di Artemisia e per i metodi inquisitori del tribunale. Gli atti del processo (conclusosi con una lieve condanna del Tassi) hanno avuto grande influenza sulla lettura in chiave femminista, data alla figura di Artemisia Gentileschi. La tela, che raffigura Giuditta che decapita Oloferne, impressionante per la violenza della scena che raffigura, è stata interpretata in chiave psicologica e psicanalitica, come desiderio di rivalsa rispetto alla violenza subita. Dopo la conclusione del processo, Orazio combinò per Artemisia un matrimonio con Pierantonio Stiattesi. A Firenze Artemisia conobbe un lusinghiero successo. Nel 1616 venne accettata nell'Accademia delle Arti e del Disegno, prima donna a godere di tale privilegio; dimostrò di saper tenere buoni rapporti con i più reputati artisti del tempo e di saper conquistare i favori e la protezione di persone influenti. Tra i suoi estimatori ebbe un posto di speciale rilievo Michelangelo Buonarroti il giovane, il nipote di Michelangelo: impegnato a celebrare la memoria dell'illustre antenato, questi affidò ad Artemisia l'esecuzione di una tela. La tela in questione rappresenta una Allegoria dell'Inclinazione (ossia del talento naturale). Nel 1621 Artemisia lasciò il marito e tornò a Roma con le figlie. Artemisia dimostrò di avere la giusta sensibilità per cogliere le novità artistiche e la giusta determinazione per vivere da protagonista questa straordinaria stagione artistica di Roma, lanciata verso i virtuosismi del barocco e meta obbligata di artisti di tutta Europa. Tra il 1627 ed il 1630 si stabilì, forse alla ricerca di migliori commesse, a Venezia: lo documentano gli omaggi che ricevette da letterati della città lagunare che ne celebrarono le qualità di pittrice. Nel 1630 Artemisia si recò a Napoli, valutando che vi potessero essere, in quella città fiorente di cantieri e di appassionati di belle arti, nuove e più ricche possibilità di lavoro. L'esordio artistico di Artemisia a Napoli è rappresentato forse dalla Annunciazione del Museo di Capodimonte.Poco più tardi il trasferimento nella metropoli partenopea fu definitivo e lì l'artista sarebbe rimasta, salvo la parentesi inglese,per il resto della sua vita. Napoli fu dunque per Artemisia una sorta di seconda patria dove ricevette attestati di grande stima ed ebbe rapporti di scambio alla pari con i maggiori artisti che vi erano presenti. Nel 1638 Artemisia raggiunse il padre a Londra, presso la corte di Carlo I, dove Orazio era diventato pittore di corte. Dopo tanto tempo padre e figlia si ritrovarono legati da un rapporto di collaborazione artistica. Orazio inaspettatamente morì, assistito dalla figlia, nel 1639. Carlo I era un collezionista fanatico e la fama di Artemisia doveva averlo incuriosito: non è un caso che nella sua collezione fosse presente una tela di Artemisia di grande suggestione, l'Autoritratto in veste di Pittura. Alle prime avvisaglie della guerra civile, Artemisia lasciò l'Inghilterra e tornò a Napoli dove si spense nel 1653.
Nel XX secolo, negli anni del movimento femminista, la Gentileschi divenne un vero e proprio simbolo del femminismo internazionale: associazioni e cooperative le si intitolarono (a Berlino l'albergo "Artemisia" accoglieva esclusivamente la clientela femminile) riconoscendo in essa una figura culto, sia come rappresentante del diritto all'identificazione col proprio lavoro, sia come paradigma della sofferenza, dell'affermazione e dell'indipendenza della donna. Per la nota polemista e leader del movimento femminista internazionale Germaine Greer Artemisia Gentileschi fu la grande pittrice della guerra tra i sessi. Questa lettura a senso unico della pittrice ha creato giusti malumori tra gli storici dell'arte, poichè tale affermazione di fatto è estremamente riduttiva:
un pittore con tanto talento come la Gentileschi non può limitarsi a un messaggio ideologico.

È qui la forza dei quadri della Gentileschi: nel capovolgimento brusco dei ruoli. Una nuova ideologia vi si sovrappone, che noi moderni leggiamo chiaramente: la rivendicazione femminile.
Roland Barthes (saggista e critico letterario di orientamento strutturalista)

3 commenti:

AndreA ha detto...

Wow che bel post!

Grazie, non conoscevo Artemisia e la sua storia.

Un abbraccio. :)

fabio r. ha detto...

io invece la conoscevo e mi piace! brava per averla ripresentata da te!
hugs

Baol ha detto...

E' sempre bello rileggerti

un abbraccio forte!