La mia vita è cambiata da quando sono diventata mamma... Allora mi sono detta: "deve cambiare anche il mio blog!". E questo è quello che ne è saltato fuori!

domenica 7 ottobre 2007

7 OTTOBRE 1571. LA BATTAGLIA DI LEPANTO

Il Senato veneto: "Non virtus, non arma, non duces, sed Maria Rosarii victores nos fecit" ("Non il valore, non le armi, non i condottieri, ma la Madonna del Rosario ci ha fatto vincitori").

Il 7 ottobre 1571 ebbe luogo la Battaglia di Lepanto storico scontro tra le flotte dell'Impero Ottomano e della cristiana Lega Santa che riuniva forze navali di Venezia, della Spagna, dello Stato Pontificio, di Genova, dei Cavalieri di Malta e di Savoia.
La battaglia si concluse con una schiacciante vittoria delle forze alleate, guidate da Don Giovanni d'Austria, su quelle ottomane di Mehemet Alì Pascià, che perse la vita nello scontro.
La coalizione cristiana era stata promossa da Papa Pio V per soccorrere la veneziana città di Famagosta, sull'isola di Cipro, assediata dai Turchi e strenuamente difesa dalla guarnigione locale. La flotta della lega aveva lasciato Messina, riunendo 150 navi veneziane tra galee, navi da carico, imbarcazioni minori e 6 potenti galeazze, 79 galee della Spagna, 12 galee toscane noleggiate dal Papa, 28 galee genovesi e le forze maltesi degli Ospitalieri. Il 5 ottobre, giungendo in cerca di riparo dalla nebbia e dal forte vento nel porto di Viscando, la flotta cristiana fu raggiunta dalla notizia della caduta di Famagosta e dell'orribile fine inflitta dai musulmani a Marcantonio Bragadin, il senatore veneziano comandante la fortezza. Il 1° agosto i veneziani si erano arresi con l'assicurazione di poter lasciare indenni l'isola di Cipro, ma il comandante turco non aveva mantenuto la parola e i veneziani erano stati imprigionati e incatenati ai banchi delle galee turche. Il 17 agosto Bragadin era stato scorticato vivo di fronte ad una folla di musulmani esultanti e la sua pelle, conciata e riempita di paglia, era stata innalzata come un manichino sulla galea di Mustafà Lala Pascià insieme alle teste di Alvise martinengo e Gianantonio Querini. I macabri trofei erano poi stati inviati a Costantinopoli, esposti nelle strade della capitale ottomana ed infine portati nella prigione degli schiavi.
Nonostante il maltempo le navi della Lega presero il mare verso Cefalonia. Il 7 ottobre, il giorno di Santa Giustina, Don Giovanni d'Austria fece schierare le proprie navi in formazione serrata, deciso a dar battaglia. Per cominciare Don Giovanni decise di lasciare isolate come esca le poche ma fortissime galeazze veneziane al comando di Antonio e Ambrogio Bragadin, parenti del senatore scorticato vivo, camuffandole da navi da carico, le quali all'avvicinarsi dei Turchi ignari, gli scaricarono cannonate con una potenza di fuoco probabilmente mai vista prima al mondo fino a quel giorno. Lo scontro si accse subito violento.
Per i cristiani gli scontri all'inizio coinvolsero pesantemente l'ammiraglio veneziano Agostino Barbarigo: la galea del Barbarigo divenne teatro di un epica battaglia nella battaglia con almeno due capovolgimenti di fronte. Ferito gravemente alla testa, Barbarigo morì e le retrovie dovettero soccorrere i veneziani per scongiurare la disfatta.
I Turchi iniziarono l'assalto alle navi di Don Giovanni. Quando i legni giunsero a tiro di cannone i cristiani ammainarono tutte le loro bandiere e Don Giovanni innalzò lo stendardo con l'immagine del Redentore Crocifisso. Una croce venne levata su ogni galea e i combattenti ricevettero l'assoluzione secondo l'indulgenza concessa dal Papa per la Crociata.
Il vento improvvisamente cambiò direzione. Le vele dei Turchi si afflosciarono e quelle dei cristiani si gonfiarono. Don Giovanni d'Austria puntò diritto contro la Sultana.
Nell'infervorare della battaglia, il comandante in capo ottomano Alì Pascià cadde (o forse si suicidò per evitare l'umiliante cattura). La visione del condottiero Ottomano decapitato contribuì enormemente a demolire il morale dei Turchi. Di lì a poco, infatti, alle quattro del pomeriggio, le navi ottomane rimaste, abbandonavano il campo, ritirandosi definitivamente. Del teatro della battaglia restava uno spettacolo apocalittico: relitti in fiamme, galee ricoperte di sangue, morti o uomini agonizzanti. Erano trascorse quasi cinque ore quando la battaglia ebbe termine con la vittoria della flotta cristiana. Don Giovanni d'Austria riorganizzò la flotta per proteggerla dalla tempesta che minacciava la zona e inviò galee in tutte le capitali della lega per annunciare la clamorosa vittoria.
Sicuramente lo schieramento cristiano vinse anche grazie alla superiorità schiacciante delle inabbordabili e potentemente armate galeazze e al superiore armamento individuale.
Questa battaglia fu la prima grande vittoria di un'armata o flotta cristiana occidentale contro l'Impero Ottomano e, quindi, ebbe anche un'importanza psicologica dato che fino a quel momento i Turchi avevano vinto le precedenti battaglie contro i cristiani. Nonostante la devastante sconfitta turca, la scarsa coesione tra i vincitori impedì alle forze alleate di sfruttare appieno la loro vittoria ed ottenere una supremazia duratura sugli Ottomani. I veneziani, infatti, non riottennero il possesso di Cipro, costretti a firmare una pace separata con i Turchi. L'Impero Ottomano, infatti, iniziò subito una poderosa opera di ricostruzione della flotta, a seguito della quale, pur riacquistando la supremazia numerica nei confronti della coalizione cristiana, perse comunque il controllo completo dei mari, specialmente del Mediterraneo occidentale.
I cristiani naturalmente attribuirono la loro vittoria soprattutto alla protezione della Vergine Maria, tanto che nell'anniversario della battaglia fu fissata la festa della Madonna del Rosario. Dopo la vittoria di Lepanto, San Pio V decretò che ogni prima domenica di ottobre si sarebbe dovuta commemorare con rito semplice Nostra Signora della Vittoria.
All'alba del 7 ottobre 1571, esattamente quattrocentotrentasei anni fa, proprio la prima domenica di ottobre, aveva inizio nelle acque di Lepanto una delle più grandi battaglie navali della storia, frutto glorioso degli sforzi della Cristianità.
Mi sembra importante ricordarne l'anniversario, in particolare in questo momento storico, in cui si riaffaccia prepotente ed aggressivo in Occidente l’aggressione violenta e terroristica del fondamentalismo islamico. Lepanto fu una grande vittoria dell'Occidente, una vittoria della Cristianità. Una vittoria contro un mondo arabo, musulmano, islamico e ferocemente aggressivo. Un mondo però che ogni volta (a Salamina, a Maratona, a Poitiers), si è infranto contro il valore degli europei, decisi a non cedere la propria terra e le proprie radici, a non lasciare annientare la propria cultura e civiltà fino all'estremo sacrificio.
La Battaglia di Lepanto avvenne in un'epoca nella quale la Cristianità non confondeva ancora la carità, con una solidarietà che ne è oggi la caricatura, o forse solo una scusa per chi è disposto a sacrificare la propria civiltà. A Lepanto e poi a Vienna, l'Europa difendeva il suo modello di civiltà e difendeva anche, le sue chiese e le sue istituzioni. Oggi di fronte all’aggressione del fondamentalismo islamico, ad Al Queida e Bin Laden, la nuova flotta islamica, gran parte dell’Occidente sembra aver perso ogni riferimento all’orgoglio di appartenere ad un mondo libero.
Anche ai tempi di Lepanto la pace era un sentimento condiviso da tutti. Però nessuno era pacifista. Dovremmo oggi dopo le Torri gemelle, Madrid e Londra, rammaricarci che per impedire di perdere le nostre radici e la nostra cultura si debbano combattere delle guerre?

« Fratei, forza al remo, demoghe addosso! » (La galera Gran Capitana di Venezia alla galera reale di Napoli nella giornata di Lepanto, dopo il disalberamento della prima linea turca, presa sotto il fuoco a lunga distanza delle grandi galeazze venete).

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Maria Cristina, ho letto con piacere la cronaca della battaglia. Sono pezzi di Storia che, purtroppo, spesso vengono ingiustamente dimenticati.
Però lasciami esprimere una perplessità: nel mondo occidentale del 1571 c'era la possibilità di finire sul rogo come strega... non penso sia un esempio di tempo democratico e pacifico. La pace amata era quella che ti permetteva di vivere sulle spalle degli altri, ma se dovevi dimostrare il tuo valore c'era solo il campo di battaglia.
Oggi per curare i nostri interessi economici, che sono sempre alla base dei conflitti, ci sono forse altri metodi.
Scusami l'invadenza, a presto!
Massimo

MariCri ha detto...

Ma figurati, Massimo, che invadenza! Mi fa piacere che da un argomento storico e non proprio "light" possa nascere un po' di sano dibattito, io apprezzo molto chi la pensa anche diversamente da me, purchè argomenti le proprie posizioni, e tu lo fai con stile e conoscenza. Sicuramente anche nel '500 le guerre erano frutto di interessi economici (anche quella di Lepanto, in fondo era per il controllo dei traffici nel mediterraneo), quello che però intendevo dire è che credo che anche allora si amasse la pace, soprattutto la popolazione povera, che veniva ancor più stremata dalla povertà che portava una guerra. Però c'era (ed è innegabile, basta leggere i libri di storia) un maggior orgoglio di appartenenza al prorpio Paese, alla propria cultura e i Crociati, sicuramente non si vedevano insultare come è addirittura accaduto a che ha rischiatoo perso la vita nelle recenti guerre.
Quanto a finire sul rogo come strega...beh, io avrei riscchiato! sai che in un paese europeo nel '700 (il secolo dei lumi!) bruciarono tutte le bambine con gli occhi azzurri perchè ritenute figlie del diavolo? non ricordo la fonte dove ho letto questa notizia, ma...brrrr!!!

Anonimo ha detto...

non conoscevo i dettagli di quella guerra, ti ringrazio per la delucidazione storica.
Per quanto riguarda la situazione attuale, mi sembra abbastanza diversa.
sono d'accordo sul fatto che bisogna difendere la nostra storia, le nostre radici e la nostra cultura. ma non è la guerra la soluzione.
è anche vero, che la troppa tolleranza a lungo termine finirà per annientare l'occidente.

MariCri ha detto...

el Niño, sai, credo che a nessuno piacciano le guerre, io per prima credo che siano frutto della stupidità e della cupidigia umana. Non esiste una guerra giusta, però credo che quando vengono attaccati valori quali la libertà sia legittimo difenderli. Soprattutto non nutro simapatia per chi si riempe la bocca di alti ideali e non rende onore a chi la nostra libertà la difende in prima linea.
Dimenticavo di farti i complimenti per il tuo blog: leggere i tuoi post è un sorriso garantito!

Anonimo ha detto...

MariCri, sicuramente penso che tu conosca Igor Man. Il Vecchio Cronista dice che "non esistono guerre giuste ma solo ineluttabili come quella contro il demonio nazifascista".
Anch'io non posso sopportare quando vengono insultati i nostri soldati. Ma non posso fare a meno di pensare che, solo imponendo l'assoluta assenza di conflitti armati, si possa aspirare non ad avere ma almeno a costruire la pace.
Forse, chi ha sfilato domenica scorsa tra Perugia e Assisi non ha costruito nulla di buono. Ma sicuramente non hanno ucciso nessuno. Forse è troppo poco, ma mi piace pensare che possa servire.

Passando a temi più leggeri, ma come si fa a bruciare una bionda con gli occhi azzurri?! ...accendendo il fuoco, dici?
Ma el Nino è passato da te a me? o viceversa? Comunque concordo anch'io sulla simpatia!